Come funziona il riciclo di una batteria? Scopriamo come recuperare oltre il 95% di una batteria al litio
10/02/2021 – Blog, Tutto sulle batterie al litio
Il tema del riciclo delle batterie agli ioni di litio è oggi un argomento ampiamente dibattuto, in quanto sempre più batterie si stanno avvicinando al termine della loro vita e necessitano di essere adeguatamente smaltite o recuperate.
Nel nostro precedente articolo “Riciclo batterie al litio: cosa c’è da sapere” ci siamo soffermati sul perché è importante riciclare i componenti di una batteria al litio, come avviene il loro smaltimento e quali normative è necessario seguire.
Non ci resta che affrontare gli aspetti più tecnici legati al recupero della batteria al litio, analizzando nel dettaglio i processi di riciclo attualmente in uso, il concetto di second life e i futuri scenari su cui gli esperti del settore si stanno attualmente confrontando.
I processi di riciclo delle batterie al litio consistono di molteplici step di lavorazione, che possono essere suddivisi in due tipologie principali:
Includono il disassemblaggio, la separazione e lo sminuzzamento delle componenti delle batterie al litio, sfruttando le differenti caratteristiche fisiche dei materiali in esse presenti (ad esempio densità, proprietà magnetiche, solubilità). Servono principalmente come pretrattamento per separare i materiali catodici e anodici da altri componenti come i collettori di corrente ed elettroliti, riducendo quindi le impurità presenti e facilitando i processi di recupero seguenti.
Includono precipitazione chimica, dissoluzione, estrazioni con solvente, elettrodeposizioni e trattamenti termici. Questi processi possono a loro volta suddividersi in sottocategorie:
I più diffusi in quanto semplici e produttivi, idonei al recupero di materiali metallici della batteria ma non per materiali organici. Si tratta di processi ad alta temperatura (800-1300°C) che fondono i diversi metalli permettendone il recupero sotto forma di leghe (rame, cobalto, nichel e ferro), le quali vengono poi raffinate per ottenere le componenti metalliche a più alta purezza. Dalla scoria invece si possono ottenere litio, alluminio, silicio, calcio, manganese, ma con processi generalmente costosi, per cui spesso si preferisce utilizzare la scoria come materiale per l’industria edilizia. I processi pirometallurgici hanno però generalmente basse capacità, elevato consumo di energia e limitata efficienza di riciclo oltre ad essere poco flessibili.
Prevedono estrazione, dissoluzione e separazione dei materiali della batteria a bassa temperatura tramite reazioni chimiche in soluzioni acquose. Questi processi sono considerati più sostenibili ed energeticamente economici rispetto ai pirometallurgici in termini di emissioni, selettività dei metalli da riciclare ed efficienza, ma sono più complessi in quanto richiedono molteplici passaggi, l’unico svantaggio è la necessità di trattare i reflui prodotti.
A seconda della complessità delle celle al litio (chimica e meccanica) e delle strategie di riciclo dei diversi impianti, allo scopo di massimizzare l’efficienza di riciclo pur garantendo la competitività economica, si delineano 7 fasi fondamentali:
In generale i processi piro-metallurgici sono più dispendiosi in termini di consumo energetico e portano a maggiori perdite di materiale, ma hanno il vantaggio di ottenere metalli di uso commerciale. Dall’altro lato, i processi idro-metallurgici sono in grado di ottenere materiali di alta qualità e pronti per il riuso diretto in nuove batterie, quindi potenzialmente più efficienti, ma richiedono un maggior apporto di reagenti e passaggi, aumentandone la complessità.
Questi ultimi permettono infatti un recupero fino al 100% di Litio e Cobalto, 98% di Manganese, 75% Alluminio, anche sotto forma di materiali catodici/anodici pronti all’uso per nuove celle, a patto, ovviamente, di trovare il compromesso tra spese e ricavi nel processo di riciclo.
Attualmente il processo di riciclo è sviluppato in modo da ottenere gli elementi di base e i composti utilizzati per sintetizzare i materiali attivi passando però dalla “black mass”, una poltiglia di materiali catodici ed anodici ancora da raffinare, con conseguente dispendio di energia e altri materiali:
Per efficientare il riciclo della batteria al litio l’obiettivo è quello del “direct recycling” in cui i materiali attivi vengono direttamente riciclati per quanto possibile, anziché essere trasformati in black mass, saltando quindi il passaggio di raffinazione e ri-sintesi dei materiali catodici e anodici.Inoltre, verranno inseriti sistemi di raccolta basati sullo stato di salute dei moduli e delle celle, il quale faciliterà e velocizzerà la fase di selezione. Sia a livello di modulo che di cella si procederà poi alla suddivisione in celle/moduli che possono essere riutilizzati in altri ambiti senza essere smantellate/i, oppure dovranno essere riciclate. Per quanto possibile queste verranno successivamente scaricate per il recupero energetico prima dei successivi passaggi.
Lo smantellamento sarà facilitato poi dal “design per il riciclo”, in cui la progettazione meccanica della batteria stessa è realizzata tenendo conto già dal principio dello smantellamento che avverrà a fine vita.
I materiali attivi verranno poi recuperati e rigenerati per quanto possibile (secondary active materials), mentre a differenza del riciclo attuale, solo la parte non rigenerabile seguirà l’iter di trasformazioni in composti primari (secondary raw materials). Sia i primi che gli ultimi potranno poi reimmettersi nel ciclo produttivo di nuove celle, per poi ricominciare il ciclo.
È importante sottolineare che i processi sono tanto più efficienti quanto il materiale di partenza da riciclare è selezionato e con una chimica ben precisa, dal punto di vista del recupero è quindi indispensabile una selezione dei rifiuti per ottimizzare il riciclo.Per fare questo è necessario migliorare la tracciabilità delle celle, tramite applicazioni di label, RFID o simili, che indichino in maniera univoca la composizione e lo stato di vita della stessa per eventuali usi di 2nd-life. A questo si aggiunge la sfida di trovare processi di riciclo convenienti vista la costante diminuzione dei costi delle celle dovuti alla produzione sempre più elevata.
Attualmente lo stato dell’arte del riciclo è costituito da diversi processi, spesso specializzati in una tipologia di batterie per poter raggiungere elevate efficienze. Ad esempio, per citare i principali:
Purtroppo, il riciclo di LiFePO4 e LiMn2O4 è ancora limitato dal loro scarso valore intrinseco del materiale, ma queste chimiche coprono oggi un’ampia fetta del mercato energetico. Infatti, attualmente le previsioni vedono un aumento nella produzione di LFP a scapito dell’NMC, soprattutto a causa della maggiore sicurezza intrinseca di questo materiale. All’aumento di volumi corrisponderà una maggiore spinta verso il suo riciclo, oltre che una maggiore facilità nel fare “massa critica” per l’abbattimento dei costi del riciclo stesso.
Sono sempre di più gli studi sull’implementazione di iniziative volte a dare una second life alle batterie al litio dopo la fine della loro vita sui mezzi (ad esempio, per utilizzo domestico o di energy storage):
Si tratta di una soluzione verosimilmente antecedente al riciclo e si traduce nel recuperare e utilizzare una batteria che ha raggiunto il fine vita per un veicolo elettrico, su altre applicazioni come l’energy storage (accumuli di energia).
Ad esempio quando la batteria di un’automobile elettrica perde il 20% di autonomia, questa risulta a fine vita per la macchina e necessita di essere cambiata; la batteria esausta può però essere riutilizzata per altre applicazioni che non richiedono la capacità completa e possono sfruttare la rimanente parte di batteria che altrimenti verrebbe smaltita. Tale operazione allunga la vita totale della batteria e riduce complessivamente l’impatto ambientale di produzione, riciclo e smaltimento.
Quanto dura una batteria al litio nella sua seconda vita?
Facciamo un esempio pratico: le batterie al litio a fine vita possono essere utilizzate per alimentare le utenze di case e edifici. Questo permette di migliorare il funzionamento delle reti elettriche e, allo stesso tempo, sfruttare maggiormente l’energia prodotta da impianti rinnovabili, mettendo a disposizione un sistema di immagazzinamento (energy storage) o di riduzione dei picchi di utilizzo della rete elettrica nazionale tramite peak shaving, in cui la batteria accumula quando ci sono picchi di produzione e rilascia energia quando serve maggiormente.
Nel mondo automotive, quando la batteria di un’automobile ha perso il 20% di autonomia, questa è già considerata a fine vita perché va a ridurre l’autonomia complessiva del mezzo. Di fatto, però, la batteria non è realmente esaurita, quindi può essere ampliamente sfruttata per altri utilizzi di energy storage.
Al contrario, molte applicazioni per utilizzi industriali (es. logistica) sono invece in grado di sfruttare appieno l’energia della batteria: grazie alla possibilità di effettuare cariche parziali durante le pause, questi mezzi continuano ad utilizzare la batteria fino ad una capacità rimanente al di sotto del 40% e di conseguenza la second life non è necessaria.
La Second Life è di difficile applicazione nel mercato industriale anche per un’altra importante ragione: si tratta di un segmento molto differenziato in termini di modelli e caratteristiche dei singoli pacchi, che tra l’altro non sono prodotti in volumi importanti, perciò, risulta estremamente complesso prevedere un ri-assemblaggio uniforme, che può invece avvenire in maniera molto più agevole sulle batterie dedicate all’ambito automotive.
Il settore automotive riesce, infatti, a sfruttare centinaia di migliaia di pacchi tutti uguali tra loro, pertanto risulta più semplice effettuare studi per convertire questi pacchi al termine del loro utilizzo sull’autovettura, dando loro una seconda vita in altri contesti.
In Flash Battery il tema della sostenibilità è all’ordine del giorno ed è un aspetto caratterizzante della visione aziendale, orientata a un’innovazione green a tutti gli effetti. Stiamo infatti rendendo il nostro stabilimento sempre più efficiente ed energicamente autonomo, ma l’attenzione alla sostenibilità passa anche dallo studio del prodotto.
Il valore aggiunto dato dal dipartimento di Ricerca e Sviluppo è molto importante, non solo perché ci permette di anticipare i bisogni dei nostri clienti progettando batterie al litio e sistemi all’avanguardia tecnologica, ma ci consente anche di studiare soluzioni sempre più attente a non impattare negativamente sull’ambiente.
“È evidente che l’area della ricerca assume un valore centrale per un’azienda come la nostra, chiamata a competere in un mercato relativamente giovane e tutto orientato all’innovazione. In quest’ambito, però, vogliamo implementare gli elementi di sostenibilità che ci connotano e appartengono a quella responsabilità sociale d’impresa che si sta consolidando come fattore distintivo ed offre importanti riscontri anche sul versante della competitività”.
Nelle nostre batterie, ad esempio, abbiamo scelto di utilizzare la chimica LFP, che oltre ad essere la più sicura e stabile che ci sia attualmente sul mercato, è anche completamente priva di cobalto, uno dei materiali più impattanti per l’ambiente.
Inoltre, grazie al dipartimento di Ricerca e Sviluppo, che conta oltre il 35% del personale Flash Battery, stiamo attivamente studiando processi produttivi e materiali sempre più ecosostenibili, che contemplino un basso impatto ambientale, e che ci permettano di ottimizzare al meglio i vari step della produzione e il design stesso delle batterie.
Sappiamo che il percorso verso una società green è ancora lungo e tortuoso, ma confidiamo che la ricerca e l’investimento in materiali e competenze orientate ad efficienza e sostenibilità possano dare un grande contributo.
[1] https://battery2030.eu/digitalAssets/815/c_815818-l_1-k_battery-2030_roadmap-v2.1.pdf
[2] https://pubs.rsc.org/en/content/articlelanding/2018/cs/c8cs00297e/
[3] https://doi.org/10.1016/j.jpowsour.2018.07.116
[4] Wood Mackenzie Energy storage service
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